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SULLE
DOTTRINE ECONOMICHE
DI
CESARE BECCARIA
DISCORSO INAUGURALE.
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SULLE
DOTTRINE ECONOMICHE
DI
CESARE BECCARIA
DISCORSO INAUGURALE
LETTO NELLA CRAND’ AULA DELL’ UNIVERSITÀ DI PADOVA
IL GIORNO 3 MAGGIO 181O
DAL CAVALIERE
ANGELO BIGNAMI
PROFESSORE DELL’ ECONOMIA PUBBLICA
E DEL CODICE DI COMMERCIO.
MILANO ,
DALLA STAjIPBRIA REALE,
A» pCCCX I.
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AVVERTIMENTO DELL’ EDITORE.
Appena fu letto questo discorso ,
l Autore fu invitato a pubblicarlo.
Siccome fu scritto nei momenti che
rimancvangli liberi dalle occupazioni
della cattedra ; così ha desiderato
di poterlo rivedere nclf ozio delle
vicine vacanze per farvi quelle ag-
giunte che avrebbe creduto oppor-
tune i secondo le notizie che aveva
cluesto intorno alt illustre personag-
gio che ri era il soggetto. Deluso
nell’aspettazione di queste notizie,
e sopraffatto da non poche spiace-
voli distrazioni che non sono ancora
finite , ha dovuto rinunziare al suo
intendimento, e accondiscendere che
fosse fatto pubblico con alcune po-
che note , come fu letto.
Quemadmodum interveniunt agyrta qui corporl na-
turali mederi profitentur , sic et torpori politico
non desunt homines qui curationes vr.l difficilli-
mas suscipiunt sed cum sdentici prin-
cipia non gustaverint, saepius excidunt.
Bacon. Sermone* fidele».
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SULLE
DOTTRINE ECONOMICHE
DI
CESARE BECCARIA
DISCORSO INAUGURALE.
T j ingegno profondo e vasto non
è una produzione ordinaria della
natura ; nè , come osservossi dal
Verulamio., fu cosa mai comune,
che 1’ arte debitamente si accop-
' piasse alla natura per renderne
fertili i beni. Nè egli è meno ra-
ro che le forze dell’ ingegno ben
educato sieno rivolte alle scienze
più utili, per coltivarle a vantag-
gio della società. Se infelicemente
8
1* esperienza non ci permette di
poter chiamare in dubbio la -ve-
rità di queste proposizioni, è vero
ancora che un felice ingegno e
ben coltivato se indefessamente si
occupi o per accrescere i beni
0 almeno per diminuire i mali
del genere umano , allora univer-
sale e perenne è il beneficio che
suol compartire alle nazioni. Non
sono già soli coloro che vivono
in comunanza con esso a goderne
1 frutti : entranvi ben facilmente
a parte le nazioni più lontane,
ed anche i posteri remoti non
sono defraudati della preziosa ere-
dità che ad essi generosamente
si tramanda.
Parrebbe da ciò che le produ-
zioni d’ ingegno di questi uomini
v
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9
singolari sussistendo ed essendo
per essere eterne , bastassero per
sè sole a mantenere generale e
costantemente fecondo il benefi-
cio. E pure in ogni età riputossi
sempre lodevole ed utile costume
1’ elevare di tratto in tratto lo
sguardo ad alcuno di quei valenti
uomini , contemplarne le occupa-
zioni, svolgere i grandi principi
sui quali meditarono , e le rette
conseguenze che seppero derivare
e stabilire a prò comune degli
uomini. Ben videro i padri no-
stri che non solamente il dovere
di un omaggio renduto ad uomini
cotanto benemeriti gli stringeva
a così operare ; ma ancora lo esi-
geva il comune vantaggio. Come
non converrebbe a ben ordinate
IO
nazioni il passare in silenzio i fatti
egregi dei valorosi uomini che ,
combattendo con animo forte, la
patria difesero , perchè Y onore-
vole rimembranza conforta ed av-
valora gli animi a pari intrepida
fermezza; così il dar vista di poco
curare le memorie di coloro che
generalmente nuovi lumi sparsero
sulle scienze, e particolarmente de’
pensatori illustri che colla sco-
perta delle verità politiche ebbero
la massima influenza nel destino
delle generazioni (0 , taccia sa-
rebbe non solo di cuore ingrato,
ma di torto giudizio. La giusta
ammirazione dei superstiti per le
virtuose imprese dei padri eccita
colla speranza l’ardor dei giovani a
tentarne una fruttuosa emulazione.
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Sicuramente aveva nell’ animo
questa verità quel supremo Mi-
nistro , al cui sublime avvedi-
mento sono in cura i nostri studj ,
e che alle più amabili virtù del
cuore unisce le più giuste e le più
grandi idee di politico reggimento,
e che volle accresciuta la luce di
questo giorno dalla presenza di chi
nel ramo scientifico e letterario
colla più esatta intelligenza dirige
i magnanimi divisamenti di lui ,
quel Ministro , dissi , non volendo
dimenticato 1’ uso commendevole
d’incominciare le letterarie istru-
zioni con solenne discorso, dispose
che ben opportuno soggetto al ra-
gionamento potesse essere l’elogio
di un illustre defunto che avesse
onorato l’Italia co’ suoi studj.
Ben facilmente comprendesi ,
che al sublime divisamente) non
corrisponderebbe a pieno uno di
quei fioriti elogi che con pompa
di vanità rettorica possono blan-
dire 1’ orecchio ed allettare le
menti , lumeggiando imagini tolte
dai tratti speciosi del vivere u-
mano ( 2 ). Nell’ encomio di un
letterato che si pronuncia avanti
un numeroso stuolo di giovani
che applicansi alle scienze , si
dee calcolare la forza dell’ inge-
gno , debbono conoscersi le fa-
tiche delle dotte vigilie , debbono
mettersi in comparsa gli utili
effetti eh’ Egli ne seppe conse-
guire. Fa d’ uopo quindi penetrar
nelle dottrine da lui lasciate ,
mostrarle vere, fondamentali ed
importanti. In questa guisa si rag-
giunge e si appalesa il merito
de’ suoi pensieri e il frutto dei
suoi sudori; si fa manifesti il
diritto da lui acquistato all’esti-
‘mazione dei posteri, ed insieme
si viene a delineare una luminosa
traccia all’ altrui istruzione , e a
proporre un esemplare all’ imita-
zione.
Degno del Magistrato è il pen-
siero: difficile assunto l’eseguirlo.
Sommi e non pochi nel secolo
or ora scorso fiorirono personaggi
in diverso genere di scientifiche
discipline versatissimi, che non è
agevole lo scegliere, e maggiore
è la difficoltà di comparire sag-
gio lodatore coll’ uguagliare o non
diminuire almeno il merito di
*4
quello che si prende a lodare.
Pure essendosi in questa prima
volta piegato sovra di me lo
sguardo per così eminente fun-
zione, il dover di ubbidire mi fece
dimenticare la tenuità delle forze*
e superare altri impedimenti , e
mi trasse a sottentrare all’ inca-
rico.
Dopo non poche fluttuazioni lo
sguardo si fissò in Cesare Beccaria.
Vidi bene nella scelta farsi mag-
giore 1 arduità dell’ impresa; ma
vidi insieme che io dirigeva l’ at-
tenzione della coltissima udienza
a un nome caro agli studj delle
scienze morali e politiche che
ebbero da lui incremento, caro
all’ Italia , sempre più per esso
gloriosa in forza dell’ ammirazione
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i5
a suo favore destatasi nelle na-
zioni d’ Europa ; caro all’ umanità
il cui amore ardente traspira negli
scritti suoi, nei quali se vi lascia
travedere qualche neo , esso è
un effetto della viva bramosia di
giovare alla sempre infelice umana
natura, onde non sapeva circo-
scrivere un confine alle troppo
liberali idee.
Tale scelta occupandomi il pen-
siero, mi sovvenne che l’opera, da
lui scritta per l’Italia nel patrio
linguaggio, fu tradotta in quasi
tutte le lingue , e con tanto
applauso da ogni nazione fu ac-
colta, che ad appagare il comune
desiderio ovunque convenne ri-
produrla. Tornommi pure ben
tosto al . pensiero 1’ onorevole
i6
6Ìgjnificazione di stima a lui ren-
duta dall’intero corpo accademico
della società letteraria di Berna,
la quale alzossi riverente per in-
chinarlo e concedergli il premio
destinato alla migliore produzione
d’ ingegno. Ricordai egualmente
che non la sola fredda ragione
del filosofo che svolge uè’ suoi
principi la profondità delle dot-
trine, occupossi delle grandi ve-
rità da lui svelate ; ma alla luce di
queste lo spirito più ameno del
secolo infrenò i voli dell’ ardita
immaginazione , e si compiacque
di commentarle , onde vestite da
nuove grazie di stile si rendes-
sero vie più agevoli e gradite-
le le singolari onorificenze a
lui vivente compartite, mi furono
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*7
ascose ; anzi apparvemi egli non
oscuramente adombrato nel sen-
tenzioso detto di Orazio : Pria -
cipibus placuisse viris non ultima
laus est. Poiché quella donna im-
mortale che regnava col fermo
intendimento d’incivilire piena-
mente le molte popolazioni del
suo vasto imperio con leggi dalla
ragione dettate, invitalo alla sua
residenza per cooperare avanti di
sé alla formazione del codice pe-
nale. Un’altra gran donna però
giusta estimatrice del merito, im-
perando cinta dall’ amor dei po-
poli sull’avito trono, non accon-
sente che gli stati suoi perdano un
tanto uomo che, già nuova luce
spargendo sulle scienze morali e
politiche, esser doveva l’ornamento
i8
prezioso delle cattedre e lo splen-
dor delle magistrature. Nè restom-
mi sepolto nella memoria che que
volte un altro re italiano recossi
alla sua casa per visitarlo : nè i
sensi di venerazione per un uomo
cosi celebre , manifestati da rispet-
tabilissime adunanze agli stessi
figliuoli di lui in questi ultimi
tempi , potevano essere caduti
in dimenticanza di chi apprezza
quanto concorre in lode della na-
zione.
I meriti scientifici e lettera rj
del Beccaria; onde ottenne tanta
ammirazione d'uomini dottissimi
e tante distinzioni da altissimi
Personaggi, ponevanmi innanzi un
campo spazioso e vario , e quindi
molto arduo a trascorrere. Una
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*9
opportuna considerazione soprav-
venne fortunatamente a rinfranca-
re in parte Y animo quasi smarrito
nel difficile e lungo cammino. Se
Tullio, principe dei filosofi e degli
oratori latini, prende ad encomiare
o f una o r altra delle virtù dei
suoi capitani; se il poeta venosino,
principe dei lirici , or f una or
1’ altra delle azioni gloriose di
Augusto fa il soggetto delle sue
odi; se il console Plinio contentasi
di mostrar Trajano più buono di
Domiziano e di Nerone ; perchè
f autorevole esempio di lodatori
cosi facondi ed esperti non mi
consiglierà a non avventurarmi
all’analisi di tutte le letterarie e
scientifiche produzioni del Bec-
caria? Nè sarebbono di tanto peso
20
capaci gli omeri miei, nè l’im- '
presa potrebbe compirsi nei limiti
del tempo stabilito al ragiona-
mento. Prescelgasi adunque una
sola delle scienze da lui profes-
sate , e come Pittagora da un
piede seppe tutta misurare la
statua di Ercole ; cosi da quella
tentisi di far apparire il grande
ingegno e l’ utile impiego fattone
dal Beccaria. Le sue dottrine sul-
l’Economia pubblica, paragonate
in una breve analisi con quelle
che dopo lui sono state esposte
dai più riputati scrittori , sieno
l’ oggetto del discorso. Se nell’ ana-
litico confronto il merito delle
teoriche del nostro letterato , tanto
per la qualità delle materie che
propone a discutere , quanto pei
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21
principj che assume a stabilire ,
non sarà secondo a chi gode nei
nostri giorni maggiore rinomanza
in questa parte di umano sapere,
e si vedranno da lui suggerite
molte operazioni che ora per un
più regolare andamento dell’ am-
ministrazione economica si ese-
guiscono ; io non avrò del tutto
infelicemente soddisfatto alle be-
nefiche intenzioni del magistrato,
perchè , qualunque sia per essere
il mio discorso , potrà aggiungere
qualche idea di più alle cogni-
zioni di questa gioventù che , ap-
plicandosi con indefesso studio a
questo ramo di scienza, ci offre
un bello ed imitabile esempio.
Il Beccaria in quanto scrisse
nelle materie economiche , può
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22
considerarsi sotto tre aspetti: co-
me cittadino : come professore :
come magistrato. Nel primo aspet-
to fu autore di una dissertazione
che riguardava da vicino la pro-
sperità della nazione cui egli ap-
parteneva. Proponeva in essa i
provvedimenti più opportuni per
togliere di mezzo alcuni gravi di-
sordini , e raccomandava le mas-
sime più sagge per preservare
nell’ avvenire il corpo della so-
cietà da si fatto disastro. Alcuni
amici, conoscendo il vantaggio dei
provvedimenti e la giustezza delle
massime, il confortarono nel 1 762 a
render pubblici tali suoi pensieri ,
ancorché per dettame di prudenza
necessario in quei tempi dovesse
la stampa eseguirsi fuori di stato-
Digitile
23
Fu professore di politica Eco-
nomia nelle scuole palatine di
Milano. Nominato nel 1768 , si
accinse subito a dettar dalla cat-
tedra le sue lezioni , in . mezzo
al corso delle quali tenne un ra-
gionamento inaugurale per far
conoscere vie più l’oggetto della
scienza che non era mai stata in
quella città pubblicamente pro-
fessata.
Sedendo poi nel magistrato de-
gli affari camerali, dirigeva 1’ am-
ministrazione economica, e ben
sovente fu a lui commesso di
stendere delle consulte sopra og-
getti della massima importanza.
Le lezioni economiche del Bec-
cavia, come le consultazioni, ven-
nero solamente alla pubblica luce
24
nell’ esimia raccolta degli Econo-
misti classici italiani. Piacque al-
l’ eruditissimo e benemerito edi-
tore di tale pregevole serie di
scritti il disporre con savio ac-
corgimento in una scientifica pro-
gressione le opere del Beccaria.
Pensò giustamente essere conve-
nevole che precedessero le le-
zioni del professore che insegna
la scienza ; che seguissero al-
cuni principj insegnati nella teo-
rica generale, e dal cittadino ze-
lante trascelti per applicarli ad
oggetti parziali, onde la patria
ricevesse giovamento dalle istru-
zioni ; che in fine nelle consulte
si vedesse il magistrato operare
sempre in armonia delle teori-
che.
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25
A quest’ ordine medesimo ci
atteniamo nel rapido esame delle
sue dottrine. Volgendoci perciò
a trascorrere i capi principali
degli Elementi di pubblica Eco-
nomia, dobbiamo osservare come
procedesse nella vasta e complicata
estensione della materia a deter-
minare e ad ordinare gli oggetti
primarj e fondamentali, per pro-
porli alla comune intelligenza de-
gli uditori.
La scienza economica a buon
diritto dagli scrittori più accre-
ditati dicesi tuttora nuova ( 3 ).
Non è certamente gran tempo
da che essa è risorta ed ha co-
*
minciato ad essere studiata nello
sue singole parti , e da che si è
tentato di collegare insieme queste
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2,6
parti , e di subordinarle ad al-
cuni principj. Era sicuramente la
scienza novissima al tempo in
cui il Beccaria scrisse gli Ele-
menti. Assunto sarebbe troppo
lungo ed arduo anche l’accennare
di passaggio 1’ origine e il pro-
gredimento dì questa scienza, per
osservanie lo stato al tempo in
' cui il Becca ria la fece scopo delle
sue meditazioni per insegnarla
dalla cattedra. In oltre a voi ,
che siete abbondantemente ver-
sati nelle vicende delle scienze ,
non potrei dire cosa alcuna che
già non vi fosse nota (4). Richia-
merò solamente alla vostra me-
moria , che in Italia , in cui
questa scienza nacque , eransi
scritti alcuni trattati su certi rami
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2 7
particolari. In Inghilterra , Locke
aveva con alcune idee, degne di
quel grand’ uomo , preparato la
via ai suoi compatrioti per ve-
derne l’utilità e l’estensione, e
seguirla nelle diramazioni , onde
combinare anche in questa parte
di politico addottrinamento un
sistema. Disputavasi in Francia
sul sistema così detto mercantile, \
il quale , credendosi avvalorato
dall’autorevole giudizio di Col-
bert, aveva eccitato alcuni pro-
fondi ingegni a dimostrarne la
insussistenza, e ad indagare l’o-
rigine della ricchezza di uno
stato ; e tentando cosi di giun-
gere a questo fine , esaminarono
alcune parti della pubblica eco-
nomia. Parve che il solo Genovesi
28
si studiasse di abbracciarne tutto
F insieme nelle lezioni sul com-
mercio , le quali comparvero nel
1765. Fu questa l’ ultima fatica
di quel benemerito letterato , al
quale in Italia sono in gran par-
te debitrici le scienze tutte del
loro avanzamento. Ognuno sa che
1 ’ ardente brama di liberare le
menti da dure catene imposte loro
dallo scolastico Peripato, e di sra-
dicare i pregiudizj troppo estesa-
mente fortificati, fu la causa che
il Genovesi patisse molte vessa-
zioni. Quindi confessa egli me-
desimo di accingersi alquanto in-
timidito a trattare le spinose
materie economiche , e sembra
evidente che ad attutare F insi-
diosa rabbia de’ suoi nemici siasi
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2 9
studiato di rivolgere particolar-
mente i suoi insegnamenti agli
interessi del regno in cui scri-
veva , e per egual motivo cer-
casse di trasfondere in essi quanto
aveva già scritto per la formazione
dei costumi. E parere comune ,
che a questi motivi principalmente
debba attribuirsi il non vedere
nelle lezioni del Genovesi tutte
sviluppate le cause della decadenza
e della prosperità delle nazioni.
A questo sublime scopo mirando
il Beccaria , come lo appalesa egli
medesimo chiaramente nella Pro-
lusione , e volendo sempre innal-
zare lo spirito alle grandi verità
generali , non poteva camminare
sulle tracce segnate da chi lo
aveva preceduto. Accingendosi
3o
pertanto ad un’impresa quasi in-
tentata, qual era un completo
trattato dalla scienza economica,
doveva necessariamente tutti rap-
presentarsi avanti i tanti e diversi
materiali; doveva considerare que-
sti nella multiforme loro dipen-
denza in ragione delle varie cause
fisiche e morali ; doveva contem-*
piare gli effetti di queste cause
nelle varietà delle vicende, alle
quali debbono soggiacere le na-
zioni in forza dei politici cangia-
menti. In un ben combinato re-
golamento economico non può
trascurarsi alcuno di questi ogget-
ti , quando si conosca la massima
influenza di tale sistema nell’ in-
dipendenza politica, nella potenza
e nella ricchezza nazionale.
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Si
Il Beccaria nelle viste generali
che premette come un istrada-*
mento alle lezioni e nella lodata
Prolusione, non sa dissimulare la
quantità e varietà degli elementi
che entrano a comporre la scienza.
Egli vedeva addivenire nel mondo
politico quanto si osserva nel fisi-
co: come in questo tutto è dipen-
dente e relativo , e cosa alcuna
non avvi interamente isolata ; così
nel sistema economico delle na-
zioni le vicendevoli relazioni ir*
mille guise s’ intrecciano ed ia
mille forme s’ aggruppano. In forza
di tali vincoli gl’ interessi di alcuni
popoli non possono considerarsi
neppure divisi da quelle genti
che sono talvolta da lunga distanza
separate. Ed in verità da che per
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3a
la via del Capo si è renduta così
agevole la comunicazione colle
Indie, noi vediamo che le stoffe
dell’ Oriente sono divenute il lusso
comune dell’ Occidente : le pro-
duzioni dei climi situati sotto
l’equatore sono consumate ai poli:
i frutti dell’ industria del Nord so-
no concambiati nel Sud. Dob-
biamo ascrivere alle facili permu-
tazioni dei prodotti naturali ed
artefatti 1’ essersi generate nei po-
poli novelle sensazioni, creati nuo-
vi bisogni , e 1’ essersi alle usate
antiche abitudini sostituite altre
diverse ed opposte. Dalla varietà
delle impressioni ricevono nuova
forma i costumi: a questi si mo-
dellano le speculazioni, e così
si avvicendano le fortune del
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33
commercio. Onde non fa mera-
viglia a chi sa penetrare nella
forza di questi avvenimenti , che
i padri nostri vedessero sorgere
tal ordine di cose nello stato po-
litico delle nazioni europee, per
cui le più povere s J innalzassero
a tanta prosperità da farsi dipen-
denti le più doviziose.
Chi rifletteva a tante cause atte
ad eccitare f attività , l’ industria,
gli sforzi dei popoli , vedeva fa-
cilmente con quanta cautela dal-
l’ azione del governo potessero
promuoversi quelle cause, affinchè
le une noti elidessero le altre; nè
facilmente poteva stabilire gli og-
getti primarj , intorno ai quali , co-
me intorno al perno fondamentale,
si circoscrivesse particolarmente
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3 4
l’attenzione dì chi proponeva e
di chi riceveva l’ insegnamento.
La difficoltà medesima però
della scelta degli obbietti primarj
da proporsi principalmente alla
considerazione, dava vie più chia-
ro a vedere il pericolo di andare
in così smisurato e non illumi-
nato spazio senza direzione va-
gando.
Tutte queste considerazioni fe-
cero al Becca ria sul bel principio
tracciare alcune linee , le quali
prolungandosi in diverse direzioni,
come partivano' sempre dal me-
desimo punto, così in esso ritor-
navano. Conobbe che questo pri-
mo disegno non doveva essere
uno sforzo di metafisica penetra-
zione, ma doveva essere il più
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35
comune e il più aperto ad osser-
varsi nelle moltiplici diramazioni.
L’utilità dell’ addottrinamento co-
manda di tener questo metodo:
e il nostro Economista era giusta-
mente persuaso che la verità allo-
ra più facilmente s’insinua, quan-
do chi istruisce mettesi al pari
dell’ allievo ; parte con lui dalle
idee più facili ad essere cognite
e dalle meno difficili ad essere ri-
tenute ; gradatamente e senza
Bcossa facendolo poi camminare,
lo eleva a poco a poco a tutta
vagheggiare la luce di quella ve-
rità. In quelle prime linee adun-
que dal Beccaria segnate , chiara-
mente si vede che il suo insegna-
mento va a concentrarsi in cin-
que oggetti : Agricoltura politica :
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36
Manifatture : Commercio: Finanze:
Polizia.
Nell’ istituire su di questi cin-
que oggetti alcune generali osser-
vazioni , dimostra il dovere della
istruzione economica sull inda-
gare i mezzi di elevare alla sua
prosperità la ricchezza nazionale,
combinando insieme gl’ interes-
si dell’ agricola , dell’ artista , del
commerciante , del produttore e
del consumatore ; e dalle varie
osservazioni passa a conchiudere
che il vantaggio di tutti costoro
non potrà mai promuoversi e
combinarsi senza convenire che .
JSè il massimo prodotto utile delle
terre si potrà ottenere , nè dalle
arti avere piccioli e pronti profitti,
se gli uomini gli uni a gara degli
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3 7
altri non faticheranno colla mano
e colf industria , sia sulla terra f
sia sui prodotti di quella.
Riconosciuta la necessità del
lavoro , ed indicati gli oggetti
principali a cui il lavoro debbe
applicarsi per avere il fondamento
della ricchezza nazionale, il Bec-
caria riunisce quelle due idee
fondamentali per Ì9tabilire un
canone in cui si esprimessero il
principio e il fine di tutta la
scienza : il qual canone così egli
annunzia : Essere fine generale , e
principio insieme di tutta la poli-
tica Economia di eccitare nella na-
zione la maggiore quantità possi-
bile di travaglio utile ( 5 ).
In questa maniera svolgendo la
scienza ne’ suoi rami principali ,
38
c ravvicinando le verità più ov-
vie in essi discoperte, determinò
coll’ analisi la base del ragiona-
mento ; e avanti di progredire ,
volle colla sintesi averne la pro-
va. Alcune generali osservazioni
a questo fine leggonsi istituite
sulla natura del travaglio e sugli
effetti della consumazione e sulla
i
popolazione. Da tali osservazioni
viene a dimostrarsi vero , univer-
sale, non remoto e sufficiente il
canone assunto.
Nell’ uso di questo filosofico
metodo ha potuto primieramente
convincere sè medesimo di avere
prescelto il marmo più opportuno
a formare la statua , e di avere
abbozzato il disegno , secondo il
quale doveva nella forma più
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3 9
conveniente atteggiarsi ; ed ha
potuto nell’ anticipato prospetto
disporre la mente dei giovani a
ricevere le successive idee, e
collocarle sempre nella loro mente
in bella simmetria , onde potes-
sero all’ opportunità facilmente
richiamarsi.
Non debbo innanzi a voi, eru-
ditissimi signori, dell’importanza
dell’ ordine nelle opere scienti-
fiche fatte per l’ istruzione della
gioventù discorrere più a lungo.
Un altro cenno però siami per-
messo. Si lesse già in un foglio*
e potrebbe di nuovo facilmente
concepirsi il sospetto nella diffi-
cile contentatura de’ nostri tempi,
che tanta minuta esattezza nel
disegno dovesse confondersi colla
4 °
pedanteria , e 1’ autore riputarsi
affezionato allo spirito di siste-
ma (6).
Pregiudicato il primo sospetto ,
ed irragionevole il secondo giu-
dizio. Per sottrarre all’ oscurità
1’ addottrinamento fu sempre co-
mendevole l'indagare alcune verità
di facile intelligenza , e valersi di
quelle per discoprirne altre che
stansi più sepolte. Più volte a
questo intendimento raccomanda
il Condillac l’antico assioma : Se
vuoi che impari ciò che non so ,
prendimi in quello che so.
La celebre opera poi Dei delitti
e delle pene basterebbe a smentire
ogni ombra di prevenzione siste-
matica nel Beccaria. Tanto più
esente da tale predominio egli
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4 1
mostrossi allora quando , investi-
gando con filosofico acume La
natura dello stile, seppe sorgere
all’origine de’ concetti della mente,
e contemplare in essi 1’ origine
di una fonte del bello.
Non occorre però rivolgersi ad
altre opere del Beccaria per al-
lontanare l’indebito sospetto, ed
abbattere il precipitato giudizio.
Il difende vittoriosamente da que-
ste tacce, l’ordine delle teoriche
negli elementi economici. Ragiona
in prima generalmente sulla scien-
za economica , e ne distingue le
parti primarie per convertire ad
esse 1’ attenzione dello studente
economista. Nell’esame di quelle
parti disvela alcune verità che
influir debbono nelle proposizioni
particolari. Ravvicina quelle verità
ad un centro comune , e stabi-
lisce il canone fondamentale da
cui sviluppansi il fine e il prin-
cipio reggitore della scienza. Non
poteva acconciarsi ad altra forma
di ragionare , se voleva seguire
un ordine conforme alla genera-
zione delle idee : se voleva che
fosse manifesta la loro natu-
rale connessione : se voleva che
le prime servissero di base e di
lume alle seconde. Questa è la
sola maniera di bandire la noja
quasi inseparabile dalle dottrine
elementari : questa è la maniera
di rendere chiaro ed elegante il
discorso instituito su principj me-
no evidenti , e di generare colla
venustà il piacere intellettuale nei
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4 5
ragionamenti complicati ed astrusi.
E se questo non è un ordine filo-
sofico , qual altro sarà mai? Ab-
bandoniamo siffatte troppo puerili
accuse , e facciamoci ad osservare
il principio della scienza econo-
mica dal Beccaria stabilito , com-
parandolo a quanto fu scritto dai
più rinomati autori.
Ogni filosofo da economo po-
litico investigando i fondamenti
della prosperità e potenza di una
moltitudine di uomini viventi in-
sieme per ben comune , non ha
creduto di poter giungere al fine
della sua ricerca , se prima non
rispondeva alla quistione : In che
consista la ricchezza di una nazione.
Riccardo Smith nell’ opera così
universalmente encomiata , Ricerche
44
sulla ricchezza delle nazioni , stam-
pata in Londra nell’ anno 1775 ,
risponde che la ricchezza consiste
nel travaglio produttivo.
Il Simond, acerrimo difensore
delle dottrine dello Smith , loda
questa risposta , e servesi di essa
in tutti i suoi ragionamenti sulla
ricchezza commerciale.
Il senatore Garnier che ha con
esattezza tradotto , e con molta
erudizione accresciuto di note
preziose l' opera dello Smith, non
mostrasi contrario a riconoscere
la sorgente della ricchezza nel
travaglio produttivo.
Il signor Cannard usa del princi-
pio dello Smith nella dissertazione
economica, coronata dall’istituto
imperiale di Francia.
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4 5
Il signor Lauderdale, uno degli
ultimi più insigni scrittori di
pubblica economia , ravvisa tre
essere le sorgenti della ricchezza :
terra : travaglio : capitali. A carte
280 poi chiaramente si esprime ,
che dal solo travaglio può darsi
esistenza alla ricchezza nazionale;
con che ha aggiunto la sua appro-
vazione al principio dello Smith.
Un principio di una scienza
dopo lunghe meditazioni appro-
vato dai valenti filosofi (7) che
quella scienza in tutte le parti
studiarono , pare che aver debba
tutt' i caratteri essenziali che i lo-
gici richieggono per considerarlo
tale in tutto il rigore filosofico.
Questo consentimento forma il
più bell’ elogio all’ Economista
4 6
italiano , il quale nell’ anno 1768,
voglio dire sette anni innanzi alla
pubblicazione dell’ opera dello
Smith , stabilì la proposizione
fondamentale delle sue lezioni
economiche nella massima quan-
tità di travaglio utile.
Così dicendo , osserveremo per
altro che amendue gli autori, il
Beccaria e lo Smith, convengono
nell’ idea primaria : diversificano
nella qualità con diverso aggiunto
determinata. Il travaglio in senso
dell’inglese scrittore per formare
la base della ricchezza debb’essere
produttivo , à differenza di un'altra
specie di travaglio , detto da lui
non produttivo , perchè questo, non
lasciando dopo di sè traccia ma-
teriale , non può essere un sog-
getto di permutazione.
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47
Lo scrittore italiano nell’ ag-
giunto utile dato al travaglio ha
espresso interamente il suo con-
cetto : e tanto più chiaramente
esprimeva l’idea quanto che nel-*
1* analisi precedente dalla quale
derivava il canone, aveva già mo-
strato quell’ utilità dipendere dal-
l’ impiegarsi il travaglio sulla terra
genitrice di tutti i prodotti e sulla
modificazione di essi.
Per decidere chi abbia più esat-
tamente raggiunto il principio uni-
versale , che doveva dominare in
tutte le proposizioni particolari
costituenti il corpo della scienza
possiamo riferirci e al giudizio
che ne hanno dato i lodati scrit-*
tori , i quali esaminarono e ce-
mentarono le dottrine dello Smith,
4 8
e a qualche breve riflessione fatta
sull’ insussistenza della distinzione.
Il signor Garnier in più luoghi
censura la distinzione del trava-
glio producente e non producente-.
ed acconsentono a quella censura
l’ autore degli Elementi di poli-
tica Economia , stampati in Pa-
rigi nel 1796 , e il Lauderdale.
Cannard distinguendo varie specie
di travaglio dalla diversità dei
bisogni al cui soddisfacimento il
lavoro impiegasi , ha mostrato le
varie qualità del travaglio pro-
duttivo ; ma trascura onninamente
la distinzione dello Smith , giac-
ché in maniera positiva non cu-
rasi dell’ improduttivo.
Senza farmi premura di altri
autori , al giudizio dell’ autorità
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49
succeda il suffragio della ragione.
Se questa distinzione del trava-
glio si ammette, ogni lavoro sarà
improduttivo , e perciò non con-
correrà alla ricchezza , quando
non possa darsi in cambio di
altro lavoro o fatto o da farsi ;
quindi le azioni delle persone
più importanti pel ben essere
„ delle società incivilite non influi-
rebbono sulla prosperità delle na-
zioni. Questo assurdo pare sfug-
gito all’ estese viste dello scrit-
tore inglese , perchè non ha con-
siderato pienamente 1’ influenza
morale , la quale ha una gran
parte nell’ animare e perfezionare
il travaglio materiale. Conviene av-
vertire ancora che volendo un og-
getto distinguersi per due qualità
4
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5o
o contrarie o diverse , ad evi-
tare la confusione è necessario
rendere manifesto il carattere, per
cui si conoscano le cose che
hanno quella piuttosto che quel-
1’ altra qualità , e che piuttosto
all’ una che all’altra classe appar-
tengono. Ora nella distinzione del
• travaglio testé accennata questo
carattere non si comprende; men-
tre molte sono le azioni umane
che a norma di quella distinzione
non si sanno classificare, perchè
quelle azioni in diverso aspetto
considerate possono entrare e nel-
1’ una e nell’ altra classe. Nè sono
sufficienti gli sforzi del Simond
per trovare per tutti i casi quella
regola assoluta , che basti sempre
a far declinare la punta dal bilico,
Digìtìzed by Google
5i
come di leggieri ognuno se ne con-
vince. L’aggiunto adunque dato da
’Hiccardo Smith al travaglio, per
riconoscere in esso l’unica sorgente
della ricchezza , va a confondere
1 il suo principio in una distinzione
che , oltre al non esser vera ,
manca di chiarezza e di esattezza.
Non potevamo esimerci dal cri-
ticare il principio del più celebre
fra gli economisti. Appunto la
critica urbana ed imparziale va
fatta sui gran modelli. Anche i
piccioli difetti dei grand’ uomini
sono contagiosi per la favorevole
prevenzione che i gran nomi tro-
vano in noi. Le produzioni me-
diocri nè abbagliano, nè sorpren-
dono 1’ attenzione. Così avverto-
no i nostri maestri che vogliono
✓
Digitìzed by Google
5 2
istruirci Y intelletto , ed educarci
l’ animo.
Passando al principio assunto
dal Beccaria ne’ suoi Elementi , se
riflettiamo che varj sono i bisogni
degli uomini costituiti in società
per riguardo alle loro intrinseche
relazioni , che varie per conse-
guenza debbono essere le produ-
zioni atte a soddisfarli ; che non
basterebbero le produzioni nel
loro stato naturale , e perciò è
d’ uopo che sieno in varie guise
modificate ; facilmente vediamo
che l’origine della ricchezza non
può riconoscersi nel solo lavoro
che lasci dopo di sè tracce ma-
teriali , ma nel lavoro che oltre
a ciò abbia un più eminente ca-
rattere ; cioè nel lavoro che ,
Digitized^Cooglc
53
provando V influenza morale di chi
opera colla mente, riceve una in-
telligente direzione per ricavare
le produzioni più opportune e
per perfezionarle a comodo di
tutti. Questa duplice qualità ne-
cessaria al lavoro per considerarla
principio universale e costante del-
la ricchezza, dal nostro autore si
esprime Coll’ aggiunto utile , men-
tre l’utilità d,eriva dal servire ac-
conciamente alla varia qualità dei
bisogni.
Ciò vie più si conferma dal-
1’ osservare che le società per le
politiche combinazioni prendono
nuova forma , permutandosi le
relazioni interne ed esterne. Ma
in qualsisia cangiamento sempre
fia vero che sarà un effetto del
54
lavoro, debitamente applicato agli
esseri che producono , e debita-
mente adoperato coll’arte sui pro-
dotti ottenuti , il rendere , per
quant’ il permetteranno le cir-
costanze, la nazione indipendente;
il che in fine è il frutto a cui
dee mirare 1’ economista.
Essendosi -impressa Tidea ge-
nerale della sorgente della ric-
chezza in una nazione , si passa
alla considerazione degli oggetti
particolari, intorno ai quali oc-
cupami gli uomini jper conse-
guirla.
L’agricoltura politica è il se-
condo oggetto degli Elementi. Il
Beccaria non si estende in recon-
dite dottrine per insinuare il per-
fezionamento di quell’ arte che
i
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55
primiera con tanto onore coltiva-
rono i padri nostri. La cognizione
dell’ uomo e l’ esperienza sono i
fondamenti del suo ragionare. To-
gliere gli ostacoli che possono
frapporvi i mal combinati regola-
menti è sempre il cardine del
suo discorso. Nuoce ogni dispo-
sizione che in qualsisia modo ten-
da ad avvilire il valore dei frutti
delle fatiche degli agricoltori , o
a vilipendere la condizione di chi
consacra i suoi sudori in così
utile impiego. Ove nè direttamen-
te nè indirettamente ciò avvenga,
sorgerà con tutta la sua possanza
l’interesse particolare ad animare
il lavoro delle genti campestri , e
a rendere assidue ed intelligenti
le cure dei proprietarj.
56
Chè se la libera disposizione
dei prodotti , e il godimento che
consegue come ricompensa e pre-
mio alla dilettevole agronomica
industria , non fossero bastanti
ad ingrandire le viste e a dissi-
pare i pregiudizj d’ inveterati me-
todi, invoca il Beccaria con voti
ardenti lo stabilimento dell' ac-
cademie agrarie. Giacciono bene
spesso senza frutto gli sforzi di
qualche felice ingegno , perchè
inanca quel pronto ajuto che può
avvivarli di più e rendere co-
mune a ciascuno il . sapere di
pochi. Quella scintilla di fatti che
manifestandosi solitaria fra dis-
perse frondi si estinguerebbe ,
riceve alimento dall’ esca accu-
mulata , si rinforza , si espande e
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5 7
diviene incendio. Conobbero alcu-
ni privati il vantaggio delle scelte
adunanze , ed aprirono con ge-
neroso impegno il campo alle
libere fantasie delle anime da
sacro furor febeo ispirate a tes-
sere ghirlande poetiche coi fiori
colti in Elicona. Vi si accolsero
poi sotto la protezione sovrana
le scienze ch’ebbero i più nota-
bili accrescimenti. Cesare Becca-
ria, con tutto il fervore dello
spirito caldo di patrio amore per
l’umanità, raccomanda di propa-
gare il beneficio di questa istitu-
zione a favore dell’ agricoltura
madre delle arti , e insiste che
alle cognizioni dei teorici si uni-
scano quelle dei pratici, i quali, co-
noscendo le circostanze dei luoghi.
58
possono colle loro avvertenze ren-
dere veramente fruttifere le idee
dei primi. Ben volentieri mi asten-
go dal commendare il pensiero
del Beccaria , giacché dalle pro-
vide cure del munificentissimo
Governo determinandosi in ogni
dipartimento 1’ istituzione di una
Accademia agraria, si è retribuito
al pensamento di lui quell' en-
comio che maggiore non saprebbe
offerirgli la lingua di facondo
oratore.
Due questioni riguardo all’ a-
gricoltura caldamente agitavansi
nel tempo in cui il nostro autore
scriveva gli Elementi. La prima
era : Se alla grande o alla pic-
cola agricoltura dar si dovesse la
preferenza . In due partiti eransi
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$9
divisi gli scrittori. La ragione non
conobbe mai gli stendardi delle
sette , e la ragione era la guida
di Beccaria. Esponendo quindi ad
altrui istruzione gli argomenti
degli uni e degli altri, determina
il vero stato della controversia ,
e saviamente decide che la pre-
ferenza debbe subordinarsi alla
attitudine dei terreni a dare piut-
tosto queste che quelle produ-
zioni , non potendosi tutte col-
V uno e coll’ altro metodo con
eguale utilità ottenere. E qui si
fa nuovamente ad insinuare la
massima sempre vera che sogliono
ricevere un grande ammaestra-
mento le utili speculazioni dalla
considerazione delle circostanze
particolari dei luoghi (*). Non si
6o
può sempre dal? uomo coman-
dare alla natura.
■ Con egual avvedimento entra
a discutere la seconda quistiotie
Su/ modo di regolare debitamente
la proporzione delle differenti cul-
ture. Ancorché sia fuori di ogni
dubbio che debbasi avanti ad
ogni altra cosa pensare al prov- -
vedimento dei primitivi bisogni
della società , non sarebbe però
questa sola considerazione ba-
stevole a regolare sempre nella
maniera più vantaggiosa la pro-
porzione delle culture. Può anzi
V interesse generale della nazione
e il particolare dei privati con-
sigliare diversamente , dovendosi
aver riguardo ai bisogni delle
altre nazioni, delle quali essendo
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nostro interesse di favoreggiare
le politiche e commerciali rela-
zioni , è sommamente utile l’avere
pronti fra noi gli oggetti che
servono a mantenere le recipro-
che comunicazioni. Nei casi par-
ticolari 1’ esame e il paragone dei
nostri cogli altrui bisogni , delle
situazioni , delle abitudini potrà
solamente far con certezza com-
prendere il vantaggio dei calcoli
da instituirsi. Non si dubita per
altro che in pari caso una ben
compartita varietà di prodotti,
servendo secondo i pensamenti
del Beccaria a moltiplicare util-
mente le azioni umane , gioverà
a diffondere 1’ agiatezza nelle
classi, e a rendere meno dipen-
dente la nazione.
62
Ad assicurare sempre più que-
sta indipendenza della nazione
concorrono le arti e le manifat-
ture; terzo oggetto degli Elementi.
Che fu veramente benefico il pen-
siero di adoperar 1’ ingegno , ed
impiegare la mano per dar forme
diverse alle produzioni dalla terra
ottenute , e così sovvenire pieto-
samente ai tanti disagi dell’ in-
ferma vita mortale , e a lei pro-
curare , usando il sussidio delle
arti , un nuovo e dilettevole con*
forto. Ad aprire e rendere pe-
renne questo piacevole fonte di
ricchezza, non trascura il Beccaria
alcuna vista economica che gio-
var possa ad introdurre le arti
ove non esistano, a promuoverle
nella loro infanzia, ad ajutarle e
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63
ad infondere in esse il crescente
vigor di gioventù. Sogliono gli
autori nel trattare delle arti e
delle manifatture distribuirle in
classi in diverse maniere. Il Bec-
caria nel riferirle non lascia oscu-
ramente travedere la classificazio-
ne, che più spontaneamente si
conforma ad un ben concepito
sistema economico , ed alla sem-
plice narrazione frammischia giu*
ste osservazioni , onde si scorga
1’ ajuto che le manifatture pos-
sono conseguire dalle arti belle
e dalle scienze.
• Questo ramo di prosperità di
uno stato potrà esso floridamente
alimentarsi fra gli abitatori di un
fertile terreno? In molte e varie os-
servazioni involsero altri scrittori,
6 4
sì fatta quistione. Il Béccaria la
esime da tutto ciò che poteva es-
serle estraneo , e nel raziocinio
più semplice e nell’ esperienza
più comune si appoggia per so-
stenere l’ affermativa.
Ragionando di fatti dobbiamo
confessare che ogni nazione agri-
cola non possa senza grave di-
scapito negligentar le arti e le ma-
nifatture, perchè debbe in esse im-
piegar le produzioni della terra.
Dee poi accrescere e variare le
produzioni per occupare con mag-
gior profittò gli artigiani. Amen-
due gli oggetti stendonsi a reci-
proco giovamento amichevoli la
destra.
La prova che l’ esperienza con-
fermi tale verità, non è già tolta
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65
dall’ Egitto, un tempo fertile co-
tanto e insieme patria felice delle
arti , delle virtù e della potenza.
Non bisognano fatti da lontana
fama aggranditi. La storia nostra
ne somministra dei più propinqui
alla memoria. Il clima ed altre
cause fisiche e morali rendettero
sempre ubertosa la terra della
nostra penisola ; e le arti mini-
stre dei comodi , dei piaceri e
della magnificenza felicemente vi
prosperarono. Sicché quel som-
mo Ministro che, assumendo la
direzione degli affari economici ,
volle in ogni parte dare un aspetto
di grandezza al regno di Luigi
XIV , anche dalla Toscana e dal-
l’alta Italia invitò le manifatture
a passare in Francia.
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66
Già scrisse Bacone : Ciò che
suol essere causa di contemplare ,
diviene regola di operare. Ravvol-
geva in mente lo stesso pen-
siero il Beccaria , allorché , vo-
lendo sottratta alla cieca pratica
dei manovali la formazione degli
artigiani, propone e consiglia una
logica istruzione per guidarne le
menti. Il generoso premio che
negli anni scorsi si lesse offerto
da un amatore delle arti a chi
V
desse un corso di logica per prepa-
rare F ingegno all’ esercizio delle
arti meccaniche , può riguardarsi
come un effetto della sublime
idea del Beccaria , esposta in
questa parte degli Elementi,
Presiede alle arti un genio che
sdegna di starsene in catene. Esso
edby Goqgle
6 7
le nutre nella libertà , e le anima
a crescere vigorose nella fiducia
di vederle premiate. Era indu-
bitato indizio di ben Conoscere
T indole propria di quel genio
il raccomandare con franco di-
scorso l’abolizione di ogni obbli-
gatoria disciplina in cui incep-
pavansi in quei dì le arti dalle
compagnie. La voce del Beccaria
si ascolta ; e cessano di esistere
i Corpi delle arti e dei mestieri.
Il suo consiglio poi di offerire
un premio alle opere già fatte , per
infervorare la passione del genio
preside delle arti e delle mani-
fatture, onde sempre nuovi ten-
tativi si facciano con quanto ap-
plauso dei filosofi amici dell’uma-
nità , dei ministri pensatori , dei
68
principi benefattori non fu accolto -
ed eseguito? E con quanta esul-
tanza del mio argomento non
potrei qui ricordare la solenne
annua funzione del 1 5 agosto ?
Se tanto fausta ai destini dell’ Italia
sorge 1’ aurora di quel fortunato
giorno ; se con nobil gara le arti
tutte fanno pompa del loro potere
nel concorrere allo splendido fe-
steggiamento dei popoli , le deco-
razioni d’ onore compartite col
voto dei dotti, coll’assistenza delle
magistrature più cospicue, e colle
acclamazioni delle affollate genti
a chi si distinse o per inventate
o per perfezionate manifatture ,
sono la più lusinghiera testimo-
nianza che dal Governo illumi-
nato poteva offerirsi al merito del
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69
consiglio , e lo stimolo il più effi-
cace che poteva darsi all’ incre-
mento delle arti (9).
Non oso già pronunziare ché
sì benefica istituzione sia dovuta
ai suggerimenti del filosofo di cui
ragiono : dirò solamente che essa
non esisteva quando egli dalla
cattedra consigliava e raccoman-
dava che si facesse.
Nella circolazione di ciò che
1’ uomo coll’ utile lavoro ottiene
dall’ agricoltura e dalle manifat-
ture, consiste lo spirito e 1’ utilità
del commercio. Questo, come nato
ed alimentato da quelle, non può
prosperare se non coi medesimi
principj dai quali quelle vita rice-
vono ed accrescimento. Il Bec-
caria perciò applica ai varj rami
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7 °
del commercio le teòriche pre-
cedenti , e generalmente insiste
sull’ utilità di quei regolamenti
i quali nell’interesse particolare
assicurando la ricompensa alle
fatiche , alle speculazioni ed ai
pericoli , servono a promuovere
l’interesse generale. Non fia mera-
viglia quindi se essendo egli al-
quanto compendioso in questa
quarta parte degli Elementi, non
ci facciamo a seguirlo minuta-
mente.
Due oggetti per altro della mas-
sima influenza in tutta la dottrina
del commercio non dobbiamo tra-
scurare. 1/ esame del valor delle
cose soggette a contrattazione ,
che dal Beccaria si fa precedere
all’ istruzione sul commercio , si
\
rOigitìzed by.Goc
7 1
è il primo. Quanto imponi il co-
noscere il principio da cui si de-
termina il prezzo delle cose, per
raggiungere facilmente lo spirito
jc la ragione delle commerciali
disposizioni, così lo afferma il Ver-
ri : Conosciuti che sieno ben gli ele-
menti che formano il pre ZZO delle
cose , si sarà conosciuto il principio
motore del commercio.
A ben vedere in questa impor-
tante materia il merito della dot-
trina del Beccaria , si rende op-
portuno il premettere che dai più
accurati scrittori si dichiara con
ragione non essere esatto in questa
parte V insegnamento dello Smith
perchè il pregio delle cose con-
fuse col prezzo. Dalle loro più
rette analisi si sa che dal pregio
7 2
delle cose deriva il prezzo, e che
è vero ed universale il principio
che il pregio in genere delle cose
sta in ragione diretta della quan-
tità del bisogno espresso dall’ in-
chiesta , e che il pregio specifico
è uguale all’ inchiesta divisa per
1’ offerta (io).
Ma chi la base pose a questo
principio fondamentale? Diffusa-
mente il Beccaria esaminando
r influenza del lavoro nel prezzo
delle cose, ed escludendo la di-
stinzione più apparente che rea-
le di valore intrinseco ed estrin-
seco , conchiude che il numero
dei venditori e dei compratori ,
le maggiori o le minori inchieste
sono i primarj elementi da cui
viene a determinarsi il valore
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73
delle cose soggette a contratta-
zione.
Se non volesse concedersi a
lui tutto il merito della filosofica
esattezza nell’ esprimere quel prin-
cipio , non potrà negarglisi cer-~
tamente quello di avere fra i pri-
mi portato l’accetta nel folto te-
nebroso bosco, e preparato il
sentiero, onde altri entrandovi
con sicuro passo prender potesse
contezza t di quanto in esso esi-:
steva.
Il secondo oggetto particolare
mente considerato in questa parte,
è la moneta. Le qualità proprie di
quella merce, il cui pregio abbia-
li più conosciuto rapporto colle
altre merci , e faccia nelle con-
trattazioni la duplicata funzione
1 4
di misura e di pegno di pregio t
rendonla per eccellenza la più atta
a farne moneta. Tali prerogative
nei due preziosi metalli , tanto
nelle loro masse divise, quanto
nelle indivise , esponendo il Bec-
caria , l' indole disvela e gli of-
fici tutti della moneta. Conside-
rando poi il rapporto dell’ ar-
gento all’ oro, e le cause che;
possono farlo variare, discute i
motivi delle alterazioni , e l’ in-
fluenza di queste nel prezzo delle
cose tutte viene a farsi palese^
In questa parte che è detta
la Metafisica della pubblica Eco-
nomia, il Beccaria singolarmente-
si manifestò 1’ utile cittadino.-
Volendo discoprire i disordini
del sistema monetario dello Stato
\
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7 5
di Milano, e premuroso di far
evidente il modo di rimediarvi ,
perche solo utilmente i disordini
riprendevi , quando si suggerisce
il modo di ammendarli , ìnchiuse
nella dimostrazione di tre teo-
remi tutta la teorica filosofica
della moneta. Nel confronto delle
massime dimostrate colle disci-i
piine monetarie che allora erano»
in corso , il difetto di queste
chiaro appariva , ed insieme era
manifesto il modo di correggerlo.
La più vera e più esatta norma
di calcolare il merito delle dot-
trine si è di osservarne gli effetti*
poste che sieno in pratica. Ana-
loga alle idee del Beccaria fu la
riforma dei regolamenti della mo-
neta. Ben costituito il rapporto
76
del pregio fra le diverse monete
messe in circolazione, ed in con-
seguenza ben determinato il loro
prezzo numerario, non vi fu più
alcun clamore a motivo di alte-
razioni. Nè col lasciare libero il
corso a diverse monete di esteri
stati , il cui valore fu in quella
riforma con egual ragione definito,
si è causato sbilancio nè nel mi-
nuto nè nel grande spendimento.
Parrebbemi grave ominissione il
non riflettere in questo luogo che
la nuova moneta italiana, dopo gli
esperimenti di Borda, di Lagran-
ge, di Lavoisier, di Sillet e Con-
dorcet istituiti in Parigi , e dopo
quelli fatti in Londra dal Ca-
vendish e dall’ Archett , ha po-
tuto comporsi di tale finezza da
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77
sostenersi nel suo pregio ovun-
que nelle contrattazioni sia ceduta
in 'pegno. E pure, come ognuno
può agevolmente persuadersene ,
l’antica moneta dello stato mila-
nese riguardo alla finezza può so-
stenersi nel confronto della nuova
italiana: e la tenue differenza nel
titolo dell’unità monetaria debbe
ascriversi al non essersi nell’ an-
tica pienamente eseguite le idee
liberali del Beccaria.
Ancorché sieno da aversi in
gran conto e ritenersi sempre
presenti le giudiziose avvertenze
di lui sul problema : Se il governo
debba sovvenire delle somme a chi
progetta introdurre nuove mani-
fatture o propone nuove imprese ;
su di che squarcia il velo al
7 8
vantaggio apparente e scuopre la
fonte delle utilità vere e reali ;
ancorché le sue dottrine sui ban-
chi, sul credito pubblico, sui re-
golamenti per la conservazione
dei boschi, sulla pastorizia, il mo-
strino profondo economista e cit-
tadino zelante; pure sono costretta
ad oinmettere ogni particolare ri-
flessione sopra di esse. Sarebbemi
facile F osservare ne’ suoi sugge-
rimenti quella prudente cautela
per cui sempre dall 5 esame della
natura delle cose in tutte le loro
circostanze speciali prende nor-
ma, o per insinuare nuovi tenta-
tivi, o per rendere più proficua la
sorte delle pratiche usitate , o per
abbattere la forza delle preven-
zioni e dei pregiudizj. Qualche
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79
cenno di più debbo fare sulla li-
bera circolazione dei grani e sulla
loro libera estrazione , onde sem-
pre più si mostri lo zelo dell’ utile
cittadino.
Su questo argomento ognuna
sa che si sono difese diverse e
contrarie opinioni. Nella pratica
pure adottaronsi diversi sistemi ;
e bastò qualche tratto d’ infelice
esperienza per sollevare dei cla-
mori e spargere del discredito
su tutti , tranne quello che nei
rispettivi luoghi era inveterato.
Il Beccaria , facendosi a parlarne,
doveva esser mosso da tale mo-
tivo a dichiarare questa materia
spinosa e piena di pericolo. L’ as-
soluta libertà, qualche limitazio-
ne al libero esercizio di questo
8o
commercio, ritenerlo sotto severe
discipline in modo che sempre ne
sia l’ andamento sotto la pubblica
vigilanza, furono e sono i tre meto-
di favoreggiati. Rispettando, come
si dee, il Beccaria il diritto di pro-
prietà, e conoscendo l’influenza del
pieno esercizio di questo diritto
nei vantaggi dell’ agricoltura , non
poteva a menò di non abbracciare
l’idea dell’assoluta libera circola-
zione , nè molte cautele doveva
ammettere per infrenare la libera
estrazione. Parmi veramente che
in questa parte egli riguardi la li-
bertà del commercio ora come un
bambino che ha nei primi mo-
menti bisogno di essere retto colle
falde per non cadere camminando,
ed ora come un giovine di fervido
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temperamento, a cui, perchè non
precipiti slanciandosi , conviene
tenere a fianco chi, senza adope-
rar violenza , sappia cautamente
moderarne gl’ impeti. Con questa
idea ragionando enumera i varj
casi nei quali possa trovarsi la
nazione, e per ciascuno propone
quel prudente regolamento che
se talvolta non .si conforma <|el
tutto , non è però mai in aperta
contraddizione ai principi della li-
bertà. Si osservino gli Editti del
1771 , 1776 e 1786 , nei quali
ebbe gran parte , e vedrassi in
qual maniera egli volesse con-
durre , direi quasi , per mano a
regnare la libertà del sistema an-
nonario , affinchè se ne avessero
senza scossa veruna tutti i bene-
fici effetti (11).
6
82
Nel promuovere la libertà della
concorrenza s’ ottiene egualmente
il desiderato risultamelo di ve-
dersi determinare per qualsisia
genere mercatabile il prezzo ge-
nuino e naturale, dal quale occorf-
rendo si può unicamente stabilire
il prezzo legale. La efficacia di
questo mezzo per provvedere ade-
quatameli te ai bisogni delle popo-
lazioni non ignorava il nostro
autore , quando coraggiosamente
proclamava la massima ; Faccia
pane chi vuole , e sia punita la
frode. Se acconsente- che po$'->*
determinarsi il prezzo in alcune
particolari circostanze, e per evi-
tare il molesto disturbo della
contrattazione per un oggetto di
continuo rinascente bisogno, non
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85
fa urto alla libertà da lui procla-
mata.
Le compendiose osservazioni
sulle principali yÌ9te del diritto
economico esposte negli Elementi,
come ora fanno conosoere i me-
riti del professore che insegnava
la scienza j e lo zelo del cittadino
che insegnando al bene della pa-
tria mirava ; così altura furono i
ineriti che ’l condussero alla ma-
gistratura. Sappiamo che molte
consultazioni da lui > come magi-
strato , si stesero in affari gravis-
simi. Queste non videro ancora
la pubblica luce. La sua propo-
sizione per ridurre le misure e i
pesi all’ uniformità , è quella sola
che ora possiamo avere sotto gli
occhi (i3).
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8 4
Liberare le sociali permutazioni
delle cose dal timore che la con-
venuta egualità del superfluo , che
si dava in cambio del necessario
che si riceveva , venisse defrau-
data dalla deforme varietà delle
misure e dei pesi, fu il motivo
che consigliò il Beccaria alla pro-
posizione. Un tacito senso di am-
mirazione gioconda ci occupa V a-
nimo nel leggere le tante minute
pratiche fattesi sulle varie mate-
rie credute le più atte a comporre
il campione: nè meno si com-
piace la ragione per le più scru-
polose diligenze proposte per ben
formarlo e conservarlo , onde a
quella primaria misura universale
ogni altra senza sconcerto si pa-
reggiasse , ed in ogni tempo questa
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85
servisse a terminare le insorgenti
controversie. ■ .
L’ inveterata abitudine alle mi-
sure in uso , che fomenta il de-
siderio sempre più tenace di con-
servarle, persuase il Beccaria a
scostarsi quanto meno fosse pos-
sibile dalle più comunemente usa-
te ; e per ciò la considerazione
della ritrosia del popolo ai can-
giamenti il ritenne dal proporre
la divisione delle misure nella
progressione decupla decrescente.
Se per questo riguardo si accon-
tentò di esporne unicamente il
pensiero , non volle con egual
brevità presentare l’ idea di legare
le misure terrestri alle celesti , e
di prender norma da queste per
istabilir quelle. Osservò che ad un
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86
minuto di latitudine al nostro para-
lello corrispondono braccia 3ii6,
e a lui sembrò comodo e vantag-
gioso determinare con esse l’esten-
sione di un miglio ? e prendendo
poi una parte di queste 3 1 1 6 brac-*
eia poteva constituirsi l’ unità , la
quale moltiplicandosi per dieci ,
per cento, per mille 9Ì avrebbono
stabili ed esatte le misure lineari.
Da questa prima operazione si
potrebbe derivare la seconda per
le misure di peso e di capacità ,
che egli dimostra quanto utile al-
trettanto facile ad eseguirsi.
Forse era ben lontano il Beo-*
caria dal pensare che tempo
Verrebbe in cui quelle idee ot*
terrebbono il più solenne suffragio
della sublime filosofìa, invocata a
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*7
concorrere co' suoi lumi alla le-
gislazione delle sociali istituzioni.
Nell’ adunanza dei dotti dalle più
lontane parti invitati a Parigi nel
1799 si determinò appunto che
dalle celesti fosse presa la nor-
ma per istabilire le misure terre-
stri ; e la determinazione di quel
filosofico prestantissimo coro dalla
sapienza della mente che regola
le sorti di tanti popoli è stata ri-
dotta in legge. Chi si facesse a
ponderare le disposizioni di que-
sta legge per confrontarle col
desiderio espresso con prudente
avvedutezza nella consultazione
dello scrittore di cui trattiamo ,
avrebbe anche in questa parte le
più solide ragioni per pronunciare
un imparziale favorevole giudizio
88
s r
sui distinti meriti degli economici
pensamenti del Beccaria come
magistrato.
Sospendo qui il corso al mio
dire , perchè quanto scrisse come
filosofo , ed operò come magi-*
strato riguardo agli oggetti della
finanza e della polizia , non è
fatto ancora di pubblico diritto.
Il Tentativo analitico sui contrab-
bandi , pubblicato nel foglio pe-
riodico intitolato II Caffè , è una
conferma di due verità, chiare
abbastanza però anche nelle al-
tre sue dottrine. La prima si è la
giustezza del suo criterio dimo-
strata nella facilità con cui sapeva
compendiare i suoi ragionamen-
ti, usando nelle scienze economi-
che il linguaggio dell’ algebra. La
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8 9
seconda verità 9Ì è che la scienza
dell’ uomo (i3) dirigeva i suoi con-
sigli dati per la pratica della pub-
blica amministrazione. In quel
Tentativo vuole il tributo pro-
porzionato alle forze che ammansi
dall’ utilità dei contrabbandi, e alle
forze diminuite in ragione delle
rappresaglie. Siccome ben rari sono
gli uomini dai quali debba aspet-
tarsi la rinunzia dei proprj inte-
ressi per favorire quelli del pub-
blico; così esplorare le spinte che
possono ricevere gli affetti del
cuore umano , indicare i mezzi di
tener cheti i nocivi, e di eccitare
quelli che potevano concorrere
alla causa comune ; in somma ri-
volger sempre l’ utile particolare al
nobil travaglio dell’industria, e al
9 °
bell’entusiasmo delle arti, era il so-
lo intendimento del suo meditare,
del suo scrivere , del suo operare.
Ho intrapreso a parlare del
felice impiego fatto dal Beccaria
de’ suoi non comuni talenti per
incoraggiare vie più allo studio
la gioventù consagrata alle scienze.
Me felice se nel narrare gli og-
getti delle sue meditazioni, in vece
di lumeggiare il quadro, non vi
avrò frammisto alcuna di quelle
tinte che ben sovente i volgari
pennelli stendono sui capi d' ope-
ra di Raffaello e del Correggio.
Mi conforta alquanto in que-
sto timore il vedermi circondato
da un folto stuolo di valorosi
giovani che hanno già compiute
in quest’ anno le nostre speranze.
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9 *
Rivolgendo perciò ad essi le pa-
role, non comporta T animo mio
di passare in silenzio nella solen-
nità di questo giorno la testimo-
nianza ben dovuta agli studenti
di questa Università, per essersi
renduti degni dei nostri encomj,
corrispondendo essi colla lodevole'
disciplina e coll’assiduo stadio al
vigile zelo del rispettabilissima
reggente ed alle instancabili pre-
mure dei dottissimi professori. Nè
posso frenare il senso di dolce
commozione nel sovvenirmi di
quelli in particolare che con fer-
vido desiderio e con attività co-
stante mi seguirono nel discoprire
le fonti della pubblica ricchezza,
e nel considerare 1’ uso piu con-
venevole comandato dai bisogni
9 2
della società. Non debbo loro
ricordare di ravvisare il Beccaria
come un esemplare da imitarsi ,
e di averlo come una scorta per
raggiungere le difficili politiche
verità. Essi mi diedero già non
dubbie prove di averlo fatto, quan-
do meco intertenevansi ad esa-
minare i pregi inestimabili dei
valentuomini che scrissero in que-
sta difficoltosa scienza. Anzi sono
sicuro che taciti oggi avranno
me prevenuto nelle riflessioni che
feci discorrendo sui capi prin-
cipali delle sue dottrine. Affin-
chè F impegno mostrato da que-
sta gioventù di occuparsi in que-
sta scienza si mantenga anche nel-
F avvenire vivo e costante nell’ ani-
' mo loro , bastami il far osservare
9 3
che per unanime sentimento de-
gli scrittori i bei giorni della
Grecia, i secoli di Augusto, dei
Medici, di Luigi XIV, sono detti
i giorni e i secoli della lettera-
tura e delle arti. Il nostro secolo
va acquistando il diritto e il vanto
di aggiungere a quei titoli l’altro
più luminoso della filosofica le-
gislazione. Già a questo benefico
eccelso fine mirano le provvidenze
di Napoleone Ottimo Massimo.
A prova rammenterò solamente
eh’ egli corse vincendo alle rive
della Vistola, e nel far dono ai
Polacchi del Codice civile, di là
colla sua sapienza dirigeva la for-
mazione del Codice di giurispru-
denza economica. Onde , se le
armi impugnate segno furono di
94
pace, volle coronata la pace dallo
stabilimento del diritto economico
ordinato in armonia del diritto
politico e civile. E non isfuggendó
all’ illimitata comprensione della
sua mente la necessità di perpe*
tuare nei popoli il favore de’ suoi
doni, ha or ora compiuto un fausto
avvenimento che desta all’ esul-
tanza ogni ordine di persone; e noi
pure godevamo jeri d’ogni intorno
del più festevole commovimento.
Quindi alla generale significazio-
ne di giubilo uniamo i nostri sensi
di gratitudine, tramandando ai
posteri la conoscenza dei benefizj
immortali del sommo Imperatore
e Re colla seguente Epigrafe:
Paravil ferro , firmavit legibus Orbem :
Puma hcec faciel mimerà connubio (14).
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NOTE.
• •' .... >i ut ■■ .1! • iK'j.iima
( 1 ) Il signor Filangieri ha rifleuuto che
un errore nella legislazione tool recare ai
popoli le più funeste conseguenze. Con pari
ragione può dirsi che una giusta massima
in questa scienza, la quale è in un contatta
immediato cogl' interessi del pubblico e dei
pr vati , grandemente influisce sul destino
della presente e delle future generazioni.
Assai benemerito della nazione è colui che
la propone e 1' appalesa. ..« r-Msm
(a) Nella ietterà segnata a8 novembre 1809
la Direzione generale scriveva : Occorra di
soggiungere che l' elogio di un celebre letterato
o scienziato defunto potrà estere ottimo argo-
mento d inaugurazione nelle regie università.
Lo spirito di tale saggio ed autorevole sug-
gerimento parventi esigere che i soli meriti
nelle scienze e nelle lettere dovessero essere
il fondamento del discorso , e ad avvalorare
la mia opinione mi sovvenne quanto nell'e-
logio del Bernonlli diceva il D’ Alembert ;
« le laisse donc à des chercheurs de date»
» et à dea compilateurs le soia de le Taire
» naitre et mourir ».
A
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9 6
( 3 ) Un senso di meraviglia potrebbe in-
generarsi nel leggere che una scienza inti-
mamente legata al ben essere delle proprietà ,
dei costami e dell' esistenza stessa dei citta-
dini fosse fra le ultime a coltivarsi. A chi
conosce la storia dei tempi è manifesta la
ragione dei lenti progressi fattisi nelle scienze
morali e politiche. Potenti ostacoli frappo-
nevansi al loro coltivamento. 1 padri nostri
poterono trasmetterci una più pingue eredità
intorno alle scienze naturali ed esperimen-
tali. In queste e non. iiv v quelle occupa vansi
senza pericolo. Di loro no'* avrebbe scritto
Tacito : Rara terjiporum felicitale ubi sentire
qua: velis , et quee se alias dicere licei.
(4) Questo discorso si tenne ad un' udienza
composta di professori, di uomini eruditi e
di studenti. Non avevano bisogno i primi
che mi estendessi in una lunga digressione
di cognizioni storiche a confermare 1’ as-
sunto. Gli ultimi avevano ascoltato una le-
zione nella quale dimostrava che i dogmi e
le visioni, in vece delle osservazioni e della
esperienza che il genere umano con suo
dispendio è sempre obbligato a fare , ave-
vano posto anche in questa scienza la prima
pietra ai sistemi. Fu quindi necessario allo
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spirito filosofico , nell’ applicarsi a questo
ramo del Diritto pubblico , lo sgombrarlo
dalle prevenzioni sistematiche, avanti di sta-
bilire quei grandi principj teorici che non
sono mai smentiti nella pratica , giusta il
precetto di Bacone : Et quod i/i contcmplatione
instar causa est , id in operatume instar regu~
la est. Questo precetto ha dovuto essere il
motivo che obbligò il Beccarìa a premettere
le viste generali sulla scienza,, per avere un
fondamento a stabilire il suo principio.
(5) Se il signor Carlo G^fkilfc nella sua
opera sui sistemi avesse confrontato questo
principio del Beccaria con quello dello Smith
e de’ suoi seguaci, non avrebbe con tanta
confidenza annoverato il Beccaria fra i fisio-
cratici. Colla sua non comune penetrazione
nel raggiungere lo spirito delle altrui opi-
nioni avrebbe osservato che dal Beccaria
si adottava un principio il più acconcio a
togliere di mezzo fra gli economisti le di-
spute sui sistemi. Avvegnaché questi ben
ponderati non si ravvisano tanto discordi r
quanto il sembrano in apparenza. Già aveva io
fatto osservare agli uditori miei che già
economisti dei diversi tempi e luoghi, quan-
do uscivano dalla sfera delle astratte loro
9 8
contemplazioni per internarsi nelle cose reali,
andavano conformi a toccare il medesimo
segno. Simile opinione leggo a carte 94 e 95
nell’ opera del signor Ganilh. Piacenti l’au-
torevole suffragio di quell’ illustre letterato
all’ assunto di una mia lezione : facendo
però egli conoscere lo spirito degli econo-
misti, poteva, come feci io stesso, dichia-
rare che questo pensamento non oscuramente
si scorge nel principio assunto dal Beccaria
ed in varj passi de’ suoi Elementi.
(6) Il Beccaria, come ogni altro letterato
di inerito distinto, visse fra gli emoli , i
censori ed i nemici. Costoro per lo più sono
uomini mediocri che facilmente si avvici-
nano e si uniscono per imporre col loro
numero al volgo, ed acquistare un credito
alle loro grida elevate contro chi scuopre e
manifesta verità superiori alla sfera delle
loro cognizioni. Di costoro propriamente
scriveva il Verulamio nel Nuovo Organo delle
scienze : Solent liomincs de rebus novis ad
exemplum vetcrum , ci secundum pha/itasiam ex
iis prccconceptam harìolari , cpiod genus opi-
nandt fallacissimum est. Il Beccaria li cono-
sceva nella loro mediocrità , e non ebbe
sempre tanta superiorità d'animo per di-
sprezzarli interamente.
99
(t) L' incarico dell’ orazione inaugurale fu
dato a ine nel gennajo del 1810, e fu letta
nei primi di maggio. In quel tempo non era
ancora comparsa alla luce dell' Italia l'opera
del signor Ganilh sui sistemi. Non lio po-
tuto quindi annoverarlo fra i rinomati scrit-
tori che diedero il loro assenso al principio
dello Smith. Non lo avrei trascurato con
quelle riflessioni particolarmente sulla di-
stinzione del travaglio, eh’ egli suggerisce
con tanto accorgimento.
(8) Tale massima dal Beccaria sempre
raccomandata è in opposizione al giudizio
del signor Ganilh che annovera il Beccaria
tra coloro che danno, come una verità asso-
luta e generale , la preferenza al lavoro ap-
plicato all’ agricoltura. 11 Beccaria pensava
che il governo dovesse compartire colla sua
azione un soccorso a tutte le fonti della ric-
chezza ; e che per rendere più vantaggioso
il suo concorso dovesse conformarsi ne' suoi
eccitamenti alla qualità dei favori otferti dalla
natura , e proprj dei luoghi.
11 signor Ganilh poi nello stesso G. III. T. I.°
dei Sistemi sostiene che la superiorità nel
produrre la ricchezza e la potenza delle na-
zioni debba darsi al commercio e aU'industria.
100
Si darà un giusto valore alle prove da lui
recate cogli esempj storici , nei quali pre-
sentansi alcune nazioni col commercio e col-
l' industria innalzate ai maggior grado di pro-
sperità , se si leggeranno a questo proposito
le profonde riflessioni nitidamente * esposte
dal dottissimo signor Senatore Mengotti nel
Colbertismo. Osserverò solamente che alcune
nazioni, ad imitazione dei Fenici e dei Car-
taginesi, poterono valersi opportunamente del
concorso di varie cause per divenire potenti
e doviziose in onta quasi dell’ ingrata na-
tura ; ma mancando poi o diminuendosi il
concorso delle favorevoli circostanze, doveva
mancare o diminuirsi lo stato della loro pro-
sperità. £ facile l'abbaglio generalizzando una
massima dagli esempli : nell a scienza econo-
mica più che in ogni altra si manifestano la
vanità , i vizj , i pericoli dei sistemi.
(q) Avranno i nostri posteri nn documento
autentico del favore nei nostri giorni con-
ceduto alle arti ed alle manifatture , nei di-
scorsi tenuti dai ministri per la distribu-
zione dei premj. La loro sensibilità non
rimarrà commossa però in grado pari alla
nostra. Io non saprei esprimere tutto il senso-
di grata commozione da cui aveva nell’ anno
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ora scorso 1810 ricolma 1’ anima tutta, ascol-
tando un gran ministro parlare di un gran
Sovrano e dell’ ottimo figlio di Ini , dato
per grande ventura a noi qual padre , sulla
intelligente e generosa protezione accordata
ai rami dell’ industria nazionale.
(io) Fra gli altri, il dottissimo signor Va-
leriani , professore nella reale università di
Bologna, ha profondamente trattato di questo
principio, mostrandolo sommamente fecondo
di utili verità nelle materie economiche.
(u) Dalla somma avvedutezza di chi go-
verna in questa parte la pubblica ammini-
strazione si è data in quest’ anno una nuova
conferma alla massima del Beccaria. Il sistema
dell' annona meritava attenzione ed assistenza:
questa fu attiva, ma tranquilla: fu vigilante,
ma tacita. Non si adoperò alcun mezzo che
concorresse insieme col monopolio dei pri-
vati ad ingenerare 1’ idea di timore : e cosi
evitandosi i disastri troppo funesti dell’ ap-
parente mancanza, abbiamo il compiacimento
di vedere camminare il tutto con somm»
quiete.
(ia) Altre consulte del Beccaria debbono
esistere sulla caccia, sulla pesca , sulla ma-
niera di rendere sicure le strade. Quando
V
102
scriveva , io era troppo lontano dal luogo
ove dicevansi esistere , e non poteva farne
ricerca da me stesso ; e per mezzo altrui
non mi è riescito di render paghe le mie
brame. In questi mesi poi per motivi troppo
giusti ho dovuto occuparmi in cose ben di-
verse.
(13) Dallo stadio sulla storia delle nazioni,
e dall' esame sull' indole propria dell' uomo
il Beccaria suol trarre il fondamento de' suoi
ragionamenti e de’ suoi consigli. Senza la
cognizione di ciò che può muovere gli af-
fetti umani, non si arriva a conoscere i prov-
vedimenti che possono giovare o almeno
non nuocere agl’ interessi degli nomini vi-
venti in comunanza sociale : Qui primum , et
ante alia omnia animi motus Immani non cx-
ploraverit , ibi (pie scientice meatus , et errorum
sedes accuratissime descriptas non habuerit, is
omnia larvata , ac veluti incantata repcriet.
Baco : Impetus Philosoph.
( 14 ) Debbo all’ amicizia di cui mi pre-
gerò mai sempre , dell' eruditissimo signor
professore Testa, clinico quanto intelligente,
altrettanto amoroso, il possedere 1 ’ esametro
di quest’ epigrafe. Si compose per festeggiare
1’ arrivo in Bologna nel i8o5 di S. M. I. e R.
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Allora io era reggente di quella università , e
non si potè renderlo pubblico come volevasi.
Il desiderio di farlo conoscere mi ha indotto
con sua intelligenza a valermene in questa
circostanza , aggiungendovi il pentametro. Se
non mi fossi proposto di pubblicare il discorso
come fu letto , festeggiandosi ora il fortunato
avvenimento della nascita del He di Roma ,
avrei potuto aggiungervi :
Plaudite, terricola: : prodiit Rcx Patris imago.
jEternum vobis numera cuncta manent.
■ Digitìzed by Google
'Dltjitized byTìoogle
■
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